domenica 15 maggio 2011

SULLE VIE DELLA RELIGIONE, Riflessioni “filosofiche” sparse sul sacro e sul profano

Biancavilla - Il campanile della Chiesa Madre

Scribo, ergo sum: parafrasando, tra il serio e il faceto, il celebre motto del filosofo Cartesio, possiamo dire che la scrittura, per chi scrive, è un modo per affermare la propria presenza, il proprio essere concreto, le proprie idee. Se verba volant, e vogliamo che esse, scritte, rimangano (scripta manent), devono essere fissate, diventare, talora, pietre (ci viene in aiuto Carlo Levi) per favorire la conoscenza, il confronto, il dialogo (civile, anche quando aspro). Scrittura, dunque, come testimonianza, come memoria, come confessione, come sfogo, ma anche come terapia dell’animo.
   La sperimentò nel capolavoro di Italo Svevo (1861-1928), La coscienza di Zeno, il protagonista  Zeno Cosini, costretto dal suo medico a scrivere, a scopo terapeutico, una specie di diario personale e a scavare nel suo subconscio. I risultati finali non furono esaltanti, ma quella scrittura ebbe una qualche utilità perché è servita a smascherare le contraddizioni interiori di un uomo inetto e quelle di una società malata.
    Tra le diverse tipologie di scrittura abbiamo preferito la prosa argomentativa, filosofica, ciceroniana, la più adatta a svolgere, con un linguaggio essenziale, volutamente piano, semplice, antiretorico, tutta una serie di ragionamenti, pensieri, riflessioni, discorsi, divagazioni. Questi ultimi termini sembrano dei sinonimi, ma ognuno di essi racchiude in sé una specifica connotazione semantica ed offre lo spunto, ciascuno col proprio significato, per chiarire il senso di questo piccolo saggio.
 Un’opera apparentemente disorganica, dalla struttura labirintica, multiforme, quasi lo specchio della nostra natura umana, volubile, instabile, precaria. Un essere che, tuttavia, tende sempre a superare i suoi limiti, le sue paure, le sue ansie, con risultati imprevedibili, non scontati. La presente è una ricerca aperta, un viaggio della mente che si perde tra divagazioni (dal latino divagor, vagare qua e là) e discorsi (dal latino discurro, correre qua e là.). Divagazioni e discorsi che si nutrono di riflessioni , considerazioni, dissertazioni: termini che ci conducono all’idea del discutere, del disputare, del riflettere, dell’osservare attentamente.
   Se mi è lecito paragonare le piccole cose alle grandi (si parva licet componere magnis), come disse Virgilio, il presente saggio non è altro che un libellum, un libricino di fragmenta rerum vulgarium riprendendo concetti rispettivamente di Catullo e di Petrarca.
    A prescindere  da queste reminescenze letterarie, che emergono con forza dalla memoria e da un profondo amore per i classici, questo piccolo saggio non nasce da ambizioni di tipo letterario, ma vuole essere un modo, uno strumento per sistemare e fissare opinioni , stati d’animo, convinzioni che si sono consolidati nel corso di tanti anni. E’ una specie di confessione agostiniana, però aperta, continua, non chiusa. Il campo di riflessione è quello etico-religioso su cui, via via, si innestano motivi sociali, politici, culturali.  
Sono tanti i quesiti e gli interrogativi che hanno suscitato la nostra curiosità, il nostro interesse, il nostro bisogno di indagine, soprattutto riguardo al rapporto tra fede e ragione, tra laico e cattolico, tra sacro e profano, tra una religione e l’altra, tra Bibbia e Corano, tra umanità e religiosità. Cercheremo di dare una sistemazione, quanto più è possibile, coerente e logica , seppure soggettiva ed opinabile, del significato di queste coppie di termini, sul piano sincronico e su quello diacronico.
   Tutto ciò per chiarire a noi stessi dubbi, concetti, misteri che, da tempo, sin dai banchi liceali, ci assillano, ma anche per cercare una forma di apertura, di dialogo, di confronto con  gli altri.
   Il saggio non è ideologico, non è contro nessuno, rifugge dalla contrapposizione e dalla polemica strumentale, è solo un campo di riflessione, di analisi, di opinioni talora molto personali e discutibili. E’ il rischio della dialettica e del libero arbitrio quando si affrontano problematiche complesse.
   Sulle vie della religione: perché un titolo così? Perché vogliamo ripercorrere, rivisitare, approfondire le vie che le religioni , così come storicamente si sono evolute, hanno intrapreso, per giungere al sacro, al divino. Sono state e sono tante le strade che l’uomo ha sperimentato per giungere a Dio, per cercare di dare risposte ai misteri della vita. La questione è aperta.
      L’uomo è sempre in viaggio, dalla nascita alla morte, sperando che Godot, un giorno, appaia e finisca l’attesa. La fede e la ragione possono far sì che si compia la tanto desiderata epifania,la rivelazione di tante verità, di tante scoperte a cui l’uomo aspira e per le quali il percorso da fare appare ancora lungo, pur sapendo che il progresso dell’uomo, in quanto tale, non conosce freni o limiti di sorta.
   Approfondiremo il complesso mondo della religione con semplici ragionamenti filosofici sparsi, nel senso che non costituiscono un sistema filosofico organico e che, per certi versi, ci riportano ad alcune opere del Leopardi (Operette morali, Zibaldone), prose di argomento filosofico. Il termine filosofia non sempre va riportato ad una attività intellettiva spesso astratta, puramente teorica, fine a se stessa , ma al suo significato originario, per cui è filosofo chi è innamorato della sapienza, chi ama ricercare, conoscere (certo con maggiore approfondimento, con maggiore sistematicità, rispetto, per esempio, ad una ricerca scolastica) la realtà delle cose e degli uomini, studiando cause ed effetti, facendo relazioni, avendo un obiettivo progettuale. La verità è più importante della filosofia, come avrebbe detto lo stesso Aristotele: Amicus Plato, sed magis amica veritas.
    L’uomo si interroga, oggi come ieri, è sempre alla ricerca di se stesso, della sua identità, dei suoi bisogni materiali e spirituali.
    Ma basta il motto conosci te stesso, famosa epigrafe messa dai Sette Saggi greci nel tempio di Delfi? Importante, ma non basta più nel tempo della globalizzazione e della multimedialità. L’uomo, un microcosmo, non è più al centro dell’universo, sono lontani i tempi del Rinascimento. La grande diffusione di Internet  e del telefonino, ha paradossalmente  aumentato la sua solitudine e il suo isolamento. Quando sembrava di aver abbracciato il mondo, di essere in possesso di tutte le conoscenze possibili, l’essere umano scopre la sua fragilità, la sua precarietà, la sua limitatezza. Ritornano le paure ancestrali, il bisogno di fede e di sacro, ma anche varie forme di fanatismo  e fondamentalismo religioso, mentre sopravvivono ancora antiche credenze popolari.
   Proviamo ad addentrarci nel vasto mondo della religione per coglierne però solo alcuni aspetti significativi, quelli più suggestivi e problematici, quelli che più colpiscono l’immaginario collettivo e la nostra curiosità. Le nostre riflessioni, come dice il sottotitolo del presente saggio, investono il sacro e il profano, un binomio di termini che, sul piano semantico, offrono aspetti di ambivalenza. Sul concetto di sacro sono molti i pensatori (E. Durkeim, R. Girard, R. Otto, M. Elide, K. Barth) che hanno concentrato i loro studi, ripercorrendo la storia delle religioni e delle varie culture (significativa quella romana). Certo è importante partire dal significato che sacro e profano hanno assunto sul piano etimologico, per una lunga e consolidata (direi tradizionale) interpretazione. Anche per noi, per sacro si intende tutto ciò che appartiene e si riferisce alla divinità, alla religione, al culto, mentre profano (che dal latino “pro-fanum” significa davanti o fuori dal tempio) denota tutto ciò che non appartiene alla sfera religiosa e spirituale ma a quella terrena, mondana, secolare.
Accomunare sacro e profano è, perciò, come accostare il diavolo all’ acqua santa. Però con il passare del tempo questi due termini, partendo dal loro significato originario, hanno subito modificazioni per cui non sempre sacro e profano si contrappongono anzi sono complementari, talora, nel dare una risposta alla ricerca spirituale   dell’ uomo ( come vedremo ampiamente più avanti).
   Seguendo un’antica ed ininterrotta tradizione letteraria, vorrei dedicare, quasi in segno di sincera riconoscenza, questo modesto mio lavoro (forse una delle poche cose che posso offrire) a tutte le persone a me care e che mi hanno dimostrato, in vario modo e in tempi diversi, affetto, sostegno e gratitudine.
A quanti sono innamorati del sapere, della ricerca, del confronto, a quanti piace la lettura dei libri, è rivolto, in modo particolare, questo saggio critico: spero di non abusare della loro pazienza, fiducioso nella loro benevolenza.

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